Cistiti acuta semplice - Coliman compresse

D-MANNOSIO + UVA URSINA
ANTIBIOTICO NATURALE per le vie urinarie

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Cistiti acuta semplice

Quando usare Coliman > Cistiti classificazione
INDICE DEGLI ARGOMENTI
  • La cistite semplice
  • Cause della cistite semplice
  • Diagnosi della cistite semplice
  • Terapia della cistite semplice





Ci sono varie forme di cistite in base alle cause ed in base al tipo di lesione indotta.
Lo stesso agente può causare forme morfologiche diverse in rapporto al ripetersi delle infezioni ed alla risposta dell'ospite.
La distinzione tra i diversi tipi di cistite è possibile, nella maggioranza dei casi, solo mediante uno studio istologico anche se è improponibile eseguire una biopsia in tutte le pazienti affette da cistite per stabilire tipo e grado evolutivo  della malattia.
Uno studio istologico può essere giustificato nelle pazienti in cui la malattia assume un andamento insidioso (CISTITIE INTERSTIZIALE) o che non rispondono ad alcun tipo di terapia.
Nella pratica clinica si classificano le cistiti in :
Cistiti complicate (di cui non parleremo), secondarie ad una patologia della vescica (calcoli, tumori)
Cistiti non complicate che distinguiamo in:  
semplici, emorragiche e ricorrenti.

La cistite acuta semplice


La cistite semplice è  l’infiammazione acuta, occasionale e transitoria, di origine infettiva della vescica.
E la forma più comune ed ha in genere un decorso benigno.
È l’infezione urinaria più frequente nella popolazione sana e gli studi ecografici dell’apparato urinario non mostrano mai alterazioni di rilievo. Colpisce generalmente il sesso femminile  e si dice  che tutte le  donne entro  i 40 anni hanno avuto almeno un episodio di cistite.  La maggiore frequenza si ha tra i  16  ed i 30 anni.
Si cita la prevalenza delle infezioni dovute allo  S. saprophyticus,  le cui infezioni sono frequentissime nelle donne giovani ,dai 16 anni in su : il 69 % dei casi si concentra infatti nel gruppo di donne tra i 16 e 25 anni, il 13% tra i 26 e 35 anni,  il 9% dai 36 ai 45 anni e il rimanente 9%  è distribuito su fasce d’età anteriori e posteriori. Questa particolare distribuzione pare indicare che l’infezione da S. saprophyticus è intimamente legata all’inizio dell’attività sessuale.
Per lo stesso tipo di infezione si è inoltre osservata una variazione stagionale, con infezioni più frequenti alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno.
La presenza dello S. saprophyticus nelle infezioni urinarie complicate è invece molto bassa (0,1-1%).
I maschi sviluppano una cistite con una  incidenza  per lo meno cento volte inferiore a quella nel sesso femminile.
Tale peculiarita e dovuta  alla  particolare anatomia del maschio (meato urinario situato in un distinto piano anatomico) e la lunghezza dell’uretra sono due efficaci meccanismi di difesa naturale nei confronti delle infezioni ascendenti.
Ci sono urologi  che negano  addirittura l’esistenza nel maschio di una vera e propria cistite sostenendo che si tratta sempre di prostatiti più o meno mascherate.

Cause della cistite semplice................................................................................................................................................................
Questo tipo di cistite e causata da cinque germi patogeni detti
1. E.coli,responsabile dell’80-85% dei casi di cistiti
2  E. mirabilis, che rappresenta il secondo agente infettivo per frequenza (6,5%).
3  Klebsiella,
4  S. saprophyticus ,
5  Enterococco.
Tutti questi batteri posseggono adesine fimbriate (E. coli, E mirabilis, Klebsiella) o superficiali (S. saprophyticus, Enterococco) in più del 90% dei casi. Queste strutture presentate dai batteri sono repsonsabili della prima fase della infezione: la adesività batterica .
ADESIVITA' BATTERICA
E' conseguenza dell’interazione  tra strutture proteiche superficiali del microorganismo (le adesine), localizzate alle estremità distali dei filamenti (non flagellati) sottili chiamati fimbrie (o pili), con specifici recettori presenti sulle cellule uroteliali  costituiti da glicolipidi di membrana
Ciò consente al batterio di rimanere adeso all’epitelio nonostante il lavaggio meccanico prodotto dal flusso urinario.

E’ da sottolineare però che la presenza di adesine può anche essere un elemento di svantaggio poiché molte di esse intervengono anche nel processo di fagocitosi favorendo l’adesione dei batteri ai fagociti. La presenza delle adesine non spiegherebbe tuttavia da sola la resistenza del legame pili-cellula epiteliale al flusso urinario, poiché a prima vista i pili sembrano filamenti rigidi, pronti a spezzarsi al minimo urto. Recentemente è stata scoperta e definita la reale conformazione di ciascun filamento: i pili avrebbero una struttura elicoidale, suddivisa in subunità composte ognuna da sette giri di elica. Ogni pilo è composto da un migliaio di copie di una proteina strutturale chiamata PapA. Questa è capace di deformarsi senza rompersi, semplicemente allungandosi, cosicché la lunghezza di ciascun pilo può passare da circa i millimicron a 5 volte tanto. Allungandosi, i pili resistono alla trazione prodotta dal passaggio dell’urina e mantengono adesi i batteri alle cellule ospiti aumentandone in pratica il potere infettante.

L’aderenza batterica alle cellule epiteliali delle vie escretrici costituisce il primo passo della colonizzazione batterica; seguono la penetrazione della mucosa  , l’avvio del processo infiammatorio e la comparsa della sintomatologia.

Sulla base della capacità del mannosio di interferire sulla adesività batterica, si distinguono due tipi di fimbrie: fimbrie di tipo I, mannosio sensibili (favoriscono l’emoaggiutinazione degli eritrociti umani in presenza di mannosio) e, di gran lunga più importanti in termini di morbilità, fimbrie di tipo TI, mannosio-resistenti, che riconoscono sulla superficie dell’urotelio un recettore glicosfingolipidico identico a quelli del sistema sanguigno di gruppo Pi.
Le fimbrie di tipo TI che interagiscono con questi recettori sono state chiamate fimbrie P e sono una caratteristica dei ceppi pielonefritogeni di E. Coli.
Oltre all’E. coli altri batteri uropatogeni, come il Proteus, la Klebsiella e lo Stafilococcus saprophyticus, hanno sviluppato i meccanismi di adesività risentiranno quindi delle stesse sostanze terapeutiche degli entrobatteri.

UNA VOLTA CHE IL GERME è PENETRATO NELLO SPESSORE DELLA PARETE VESCICALE INIZIA IL PROCESSO INFIAMMATORIO E LA CORRISPONDENTE SINTOMATOLOGIA.

Come fanno i germi a dare una cistite acuta ?...................................................................................................................................
Alla base di ogni infezione  c'è sempre una interazione tra  microrganismo (che attacca)  e ospite (che si difende): quando questo equilibrio si sposta a favore del germe uropatogeno si sviluppa la cistite. Una battaglia tra germi e difese dell'organismo.
Diversi fattori possono condizionare questa battaglia  favorendo la azione dei germi uropatogeni  sulla normale flora batterica vaginale   favorendo l’invasione dell’apparato urinario e/o facilitando l’adesione all’epitelio  vescicale.
Fase di colonizzazione vaginale
Lo sviluppo di una cistite richiede in primo luogo la presenza e l’adesione dell’agente eziologico nell’area vaginale e/o perimeatica (cioè la zona da dove esce  l'urina. )
In condizioni normali la vagina è un’area resistente alla colonizzazione da parte degli uropatogeni a causa dell’abbondante presenza di una flora autoctona rappresentata per la maggior parte dal Lactobacillus acidophilus (bacillo di Doderlein).
Questa flora vaginale impedisce l’invasione da parte degli uropatogeni provenienti dal serbatoio intestinale, grazie a due meccanismi:

Aumento della acidità vaginale
I lattobacilli tramite il  metabolismo dei carboidrati portano  alla produzione di acido lattico. Dove c'è l'acido lattico c'e  un'area  di alta concentrazione idrogenionica (con pH tra 3 e 5) che limita la velocità di crescita degli uropatogeni  ( che è  invece ottimale  a valori di pH tra 6 e 7,5);

Competizione portata avanti da bacilli presenti normalmente in vagina
La flora vaginale autoctona occupa i recettori cellulari delle cellule squamose, impedendo, per competizione, l’adesione degli uropatogeni
Diversi fattori diretti o indiretti possono alterare la qualità e la quantità della flora vaginale diminuendo o annullando la sua efficacia. L’uso e l’abuso di spermicidi e deodoranti vaginali (solitamente in soluzioni alcoliche) e  di lavande con proprietà antibatteriche incidono in forma diretta e sfavorevole sulla composizione della flora autoctona.
Fattori climatici, come le alte temperature e/o l’umidità, favoriscono la crescita degli uropatogeni molto di più dei componenti della flora vaginale. Va inoltre ricordato che la mucosa vaginale è ricoperta da uno strato di mucopolisaccaridi  che partecipa ai meccanismi di difesa locali.
Tale strato è estrogeno-dipendente, quindi si impoverisce notevolmente durante la menopausa riducendo l’efficacia della difesa.
Anche la capacità della mucosa vaginale di produrre anticorpi IgA verso i colibacilli sarebbe un altro fattore di capitale importanza nella difesa contro le infezioni. E stato infatti dimostrato che le secrezioni vaginali delle donne sane contengono  abitualmente anticorpi contro le principali Enterobacteriacee del proprio intestino, che invece sono presenti solo nella metà delle donne con infezioni urinarie ricorrenti (Boiteux, 1986).
Infine va considerata la densità dei recettori espressi sulla superficie dell’epitelio vaginale: il loro numero per unità di superficie è determinato geneticamerite ma può variare in rapporto al ciclo mestruale ed alla gravidanza. In  linea di principio, quanto più numerosi sono i recettori, tanto maggiore è il rischio di adesività batterica.
Grazie a tutti questi fattori si determina una colonizzazione iniziale nell’area vaginale e intorno al meato uretrale. La rapida crescita degli uropatogeni fa aumentare il pH e rimuove lentamente la flora saprofita dal suo habitat naturale.
Fase di invasione dell' 'apparato urinario
Gli uropatogeni adesi all’epitelio vaginale mediante fimbrie MS o MR (E. coli, E mirabilis, Klebsiella) o adesine superficiali (S. saprophyticus, Enterococco) possono invadere attivamente o passivamente l’apparato urinario attraverso l’uretra. I batteri mobili (E mirabilis e la maggior parte degli E. coli) grazie all’alto grado di umidità della vagina e del meato uretrale possono risalire attivamente l’uretra e arrivare per via retrograda alla vescica.
È l’infezione urinaria più frequente nella popolazione sana e gli studi ecografici dell’apparato urinario non mostrano mai alterazioni di rilievo. Colpisce generalmente il sesso femminile  e si dice  che tutte le  donne entro  i 40 anni hanno avuto almeno un episodio di cistite.  La maggiore frequenza si ha tra i  16  ed i 30 anni.
Si cita la prevalenza delle infezioni dovute allo  S. saprophyticus,  le cui infezioni sono frequentissime nelle donne giovani ,dai 16 anni in su : il 69 % dei casi si concentra infatti nel gruppo di donne tra i 16 e 25 anni, il 13% tra i 26 e 35 anni,  il 9% dai 36 ai 45 anni e il rimanente 9%  è distribuito su fasce d’età anteriori e posteriori. Questa particolare distribuzione pare indicare che l’infezione da S. saprophyticus è intimamente legata all’inizio dell’attività sessuale.
Per lo stesso tipo di infezione si è inoltre osservata una variazione stagionale, con infezioni più frequenti alla fine dell’estate e all’inizio dell’autunno.
La presenza dello S. saprophyticus nelle infezioni urinarie complicate è invece molto bassa (0,1-1%).
I maschi sviluppano una cistite con una  incidenza  per lo meno cento volte inferiore a quella nel sesso femminile.
Tale peculiarita e dovuta  alla  particolare anatomia del maschio (meato urinario situato in un distinto piano anatomico) e la lunghezza dell’uretra sono due efficaci meccanismi di difesa naturale nei confronti delle infezioni ascendenti.
Ci sono urologi  che negano  addirittura l’esistenza nel maschio di una vera e propria cistite sostenendo che si tratta sempre di prostatiti più o meno mascherate.


Fase di colonizzazione vescicale
Giunti in vescica i batteri devono superare i meccanismi di difesa locali, costituiti da anticorpi  IgA secretorie che neutralizzano le fimbrie, e da una barriera idrostatica costituita da glicosamminoglicani (GAG) e dalla presenza di glicoproteina 1  e della proteina di Tamm- Horsfall (proteina T-H), che bloccano le fimbrie dell'E. coli, E mirabilis, Klebsiella
Le IgA secretorie sono prodotte dalle plasmacellule presenti nella lamina propria dell’urotelio; questi anticorpi  sono dotati di una componente secretoria che ne condiziona il trasporto transepiteliale e che  funge da recettore legandosi alla  superficie batterica inibendo così l’adesione dei microrganismi alle cellule epiteliali.
Nelle donne che hanno cistiti frequenti sarebbe stata dimostrata una riduzione della  produzione di IgA secretorie predisporrebbe alle infezioni ricorrenti.
A questa fase di colonizzazione si opporranno alcuni fattori di difesa dell'ospite.
La superficie vescicale è rivestita da un mucopolisaccaride detto mucina.
Questa è costituita da GAG (glicosoaminoglicani) che legandosi con l’acqua formano una barriera idrofila che si interpone tra l’urotelio ed il lume vescicale, ricoprendo così i punti di attacco  (siti recettoriali ) per i batteri.
Questo meccanismo  permetterebbe alla vescica di ospitare una certa varietà di microrganismi senza sviluppare infezione.
La proteina Tamm-Horsfal , presente nelle urine dei soggetti normali, è una glicoproteina di basso peso molecolare prodotta dall’epitelio del ramo ascendente dell’ansa di Henle e nella porzione apicale del tubulo distale.
Tale proteina ha la capacità di legarsi alle fimbrie di tipo I (MS) degli uropatogeni formando aggregati che vengono espulsi con la minzione.  E?  interessante l’osservazione che in donne anziane ed in  pazienti con infezioni urinarie ricorrenti  c’è una notevole diminuzione di proteina T-H.
La glicoproteina 1 è in grado di formare aggregati con i batteri fimbriati, ma a differenza della T-H sarebbe prodotta a livello della vescica (epitelio di transizione) e avrebbe specificità non solo per le fimbrie tipo I (MS), ma anche per le P  (MR).
Fattori idrodinamici
Contro le infezioni del tratto urinario un ruolo rilevante giocano infine i fattori idrodinamici, rappresentati dal costante flusso di urine (wash out) e dallo svuotamento periodico e completo della vescica.
L’importanza del flusso urinario come meccanismo difensivo è dimostrata dalla facilità con cui si instaura un’infezione in caso di stasi (ristagno) urinaria.
Se consideriamo la sequenza patogenetica dell’infezione (serbatoio intestinale --> tessuti periuretrali --> uretra-vescica) si vede che la minzione resta la più efficace difesa contro l’infezione vescicale, allontanando meccanicamente  e più volte al giorno i batteri contaminanti obbligatori dall’uretra distale.
La riduzione delle attività delle Ig A secretorie
La riduzione del complemento per malattie concomitanti di origine infettiva (virosi sistemiche, gastroenteriti) o immunodepressiva,
La recettività del soggetto congenita o occasionale (fase del ciclo mestruale, gravidanza), scorrette abitudini minzionali
Il  numero di agenti infettanti e la loro virulenza, sono tutti fattori che possono favorire  la colonizzazione vescicale e quindi l’instaurarsi della cistite.

Fase di lesione vescicale
(ovvero..... la risposta morfologica della superficie della vescica alla colonizzazione batterica )
Il batterio che è riuscito a vincere i meccanismi di difesa aderendo all’epitelio transizionale, inizia un processo di moltiplicazione “in situ”; la conseguente reazione infiammatoria blocca la produzione di glicoprotema 1 e facilita  ulteriormente la crescita batterica.
La è la risposta dell’ospite all’invasione batterica e si può interpretare come un estremo tentativo di liberarsi dell’agente infettante (pollachiuria). All’azione tossica sull’ urotelio segue la morte della cellula  e la sua esfoliazione; i batteri adesi ad essa saranno espulsi con la successiva minzione.
Questo fatto spiega il carattere autolimitante delle cistiti: tutti i batteri saranno eliminati nel momento in cui non ci saranno più cellule da parassitare poichè queste si sono già staccate. La somministrazione di antibiotici, in definitiva,  non fa altro che accorciare a poche ore un processo che in condizioni naturali può durare settimane.
Istologicamente si osserva una intensa reazione infiammatoria con lo sviluppo di un infiltrato polimorfonucleato tanto più profondo quanto più intensa e prolungata è l’azione tossica dei batteri sulla mucosa.
L’analisi attenta del sedimento può farci sospettare la profondità del processo infiammatorio poichè quanto più piccole sono le dimensioni delle cellule desquamate tanto più profondo è il processo flogistico.
La reazione infiammatoria attivata , darà i sintomi della cistite.!!!!!!!!

Sintomi  della cistite semplice..............................................................................................................................................................................................
La paziente affetta da cistite acuta riferisce sintomi ben precisi presenti  nei 3/4 dei casi (76,5%).
I sintomi caratteristici della cistite acuta sono la:

  • Pollachiuria diurna e notturna, (l'aumento delle minzioni di giorno e di notte)
  • La disuria,  alterazione del modo di fare l'urina, diminuizione del getto, a spaglio, ...
  • L’urgenza mizionale . il sentire lo stimolo urinario rapidamente si da non riuscire a raggiungere il bagno
  • La stranguria, la minzione dolorosa
  • Il dolore sovrapubico. Dolore, arriva al 95% dei casi. Dolore lombare bilaterale che non aumenta con la percussione del fianco. [Il dolore lombare, pur essendo molto raro,  preoccupa per la possibile confusione con la pielonefrite.)

Nelle cistiti la febbre è RARA !!!!!  nel 90% dei casi normale (<37 °C); nel 9% dei pazienti è presente una febbricola (< 38 °C), mentre solo nello 0,4% è  possibile riscontrare la presenza di una temperatura > 38 °C associata o no a dolore lombare.  In queste ultime pazienti va sospettata una pielonefrite ed è necessario iniziare un trattamento antibiotico più energico e prolungato.
Visitando la donna  (esame obiettivo ) possono non esserci sintomi ed è spesso negativo e la paziente può accusare solo dolore alla palpazione della regione sovrapubica.


Le urine sono per lo più torbide e possono essere maleodoranti.
Può essere presente ematuria, che è macroscopica in un terzo dei casi

Il rilievo di una urinocoltura positiva associata a sintomi urinari e piuria  è essenziale per porre diagnosi di cistite batterica in quanto sia la disuria che la piuria possono  comparire isolatamente in affezioni diverse dall’ infezione vescicale. Una piuria anche intensa senza pollachiuria può essere infatti presente nella calcolosi urinaria e nelle pielonefriti acute e croniche senza partecipazione della vescica  al processo flogistico. La pollachiuria e la disuria, come sintomi isolati, possono comparire in numerose patologie comprese sotto la dizione di cistite abatterica ed anche nelle affezioni ginecologiche senza coinvolgimento della vescica nel processo  infettivo vero e proprio.
Diagnosi microbiologica della cistite acuta semplice  (vai alla diagnosi  delle cistiti ed esami urologici):::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::)

Esame delle urine con studio del sedimento . La presenza di piuria e batteriuria associate alla sintomatologia è sufficiente per porre diagnosi preliminare di cistite.
Urinocoltura e l’isolamento dell’agente eziologico. La frequenza di riscontro nell’urina dell’agente causale è del 93% dei casi. Le colture sono generalmente monomicrobiche (98%) con un numero di colonie superiore al milione/ml  nei 4/5 dei casi (72%), tra 100.000 e 1.000.000 UFC/ml nel 4,5% e circa 1/5 dei casi con una conta inferiore alle 100.000 UFC/ml. Mulholland (1987) e Stamm (1991) riportano che conte batteriche inferiori alle 100.000 UFC/ml sono presenti negli USA nel  30-50% dei casi.

TRATTAMENTO  MEDICO COMBINATO (NATURALE ) DELLE CISTITI
Il trattamento antibiotico ASSOCIATO alle terapie naturali con fitoterapici ha lo scopo di eradicare l’infezione e, di conseguenza di far scomparire i sintomi .
Si è detto in precedenza che la cistite semplice è una patologia infettiva a carattere benigno ed autolimitante.
Di fatto, nella maggioranza dei casi si arriva alla guarigione spontanea in 3-4 settimane e in teoria ci si potrebbe astenere da qualsiasi intervento terapeutico. Ma solo in teoria , poichè un mancato trattamento potrebbe portare  al protrarsi della sintomatologia, oltre al rischio di sviluppo di una forma emorragica e, in certi casi, di estensione dell’infezione ai reni.
In realtà la somministrazione degli antibiotici ha fondamentalmente due scopi:
1. evitare la trasformazione di un episodio occasionale e transitorio in un’entità cronica (cistite cronica ) o ricorrente (cistite ricorrente)
2. diminuire il periodo sintomatologico ad alcune ore dando alla paziente un sollievo quasi immediato da sintomi non gravi, ma certamente molto  molesti.

Il corretto trattamento di una cistite semplice deve comprendere, oltre alla scelta dell’antibiotico più adatto, la via di somministrazione, la dose, l’intervallo e la durata del trattamento. L'antibiotico deve essere associato ad un antiinfiammatorio dotato delle caratteristiche per agire sulle varie componenti della infiammazione. Coliman (D-Mannosio ed uva ursina ) e Mirtiman (mirtillo americano ad alti dosaggi )  corrispondono a queste esigenze.

L’azione antisettica a livello urinario del mirtillo americano è eè dovuta alla sua capacità di acidificare le urine e al fatto che con un pH urinario acido l’Escherichia coli e altri batteri hanno difficoltà a svilupparsi.
Inoltre si è evidenziato che il succo di mirtillo americano è in grado di inibire l’adesione alle cellule epiteliali del tratto urinario da parte dell’Escherichia coli fimbriato di tipo I, dell’Escherichia coli fimbriato tipo P, impedendo cosi la fase di adesività batterica. Nel mirtillo americano inoltre sono presenti altri  composti responsabili dell’attività di inibizione dell’aderenza degli uropatogeni non ancora identificati.
L’estratto di mirtillo americano ( presente in Mirtiman 75% % di proantocianidine ) inibisce dell’80% l’adesività anche dell’Escherichia coli all’epitelio intestinale mediata dalle lectine (adesine) nel ratto. Le adesine, localizzate nelle fimbrie presenti sulla superficie batterica, sono in grado di aderire a specifici recettori monosaccaridici o polisaccaridici situati sulla superficie delle cellule dell’epitelio vescicale. L’inibizione dell’aderenza sembra imputabile soprattutto alle proantocianidine di tipo A2, presenti nel fitocomplesso in quantità circa quattro volte maggiore dei monomeri di epicatechina.

Acta Pharm. 2018 Mar 1;68(1):1-18. doi: 10.2478/acph-2018-0004.
Effective anti-adhesives of uropathogenic Escherichia coli.
Ribić R1, Meštrović T2, Neuberg M3, Kozina G3.



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